Lutto nel mondo dello sport italiano. Una vera leggenda se n’è andata, lasciando un solco indelebile nella memoria dei tifosi
Sono i momenti che non vorresti mai vivere, nemmeno in maniera passiva, quelli in cui devi dire addio ai grandi campioni con cui sei cresciuto. È questa la sensazione che tantissimi appassionati di basket provano dopo la scomparsa di Franco Franz Arrigoni, colonna portante della Fortitudo Bologna degli anni ’70. Così, all’età di 76 anni compiuti da poco, l’Alpino di Bologna lascia un parquet per trasferirsi su un altro, dove potrà tornare a giocare rigorosamente con il cuore in mano. Cuore che l’ha contraddistinto per tutta la sua carriera: giocatore vero, non per sé stesso, ma per la squadra.
A Bologna, sponda Fortitudo, dal 1972 al 1980 ha lasciato un solco enorme nella memoria cestistica dei tifosi felsinei. Era uno di quelli amatissimi dagli allenatore e ancor di più dal pubblico. Il motivo è molto semplice: non si risparmiava mai. Nemmeno due metri d’uomo, ma con un’apertura alare che gli rendeva possibile difendere anche contro i migliori centri. Prima fiero coglitore rimbalzi, poi giocatore completo, dopo il lavoro svolto da Nikolic. Proprio quel Nikolic che non poteva fare a meno di Franz, arma tattica letale della Fortitudo in fase difensiva quando c’era da prendere in consegna Morse o Meneghin contro Varese.
Lutto vero nel mondo del basket, dopo la scomparsa di Franco Franz Arrigoni. Più di 234 presenze e 2061 punti con la maglia della Fortitudo Bologna, capace di farsi amare da tecnici e pubblico. La sua è una storia molto Novecento: si va al palazzetto in bicicletta, si scappa dal ritiro per andare ad arrampicare e si chiacchiera con i giovani tifosi, non risparmiando qualche massima. In particolare quella che riguarda le differenza sociali, ben visibili già negli anni ’70: “Chiedilo a tuo padre l’autografo. Lavora otto ore, magari in fabbrica, magari in catena di montaggio. È lui il vero campione”.
Amato ancora di più dai compagni e avversari, che l’hanno sempre trattato come un fratello. Un fratello perché giocava solo per la squadra, tanto da non prendere quasi mai tiri. Finché un giorno Nikolic, con il suo italiano approssimativo, gli ha inculcato l’idea che tirare aiuta per davvero la squadra: “Franz non pensare, tu tira“. Così Arrigoni è diventato giocatore completo, lasciando un ricordo indelebile a tutti gli amanti del pallone a spicchi. Ricordo impresso con forza nella mente dei tifosi della Fortitudo, quasi a ricordare come un mantra il suo retaggio: mai tirarsi indietro.
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